Programma
ASCANIO MAYONE (1565-1627)
– Ricercari IV e V a tre voci 1
NICOLA MATTEIS (c. 1650-c. 1713)
– Diverse bizzarrie sopra la vecchia sarabanda o pur ciaccona per violino 2
ALESSANDRO SCARLATTI (1660-1725)
– Cantata “Quella pace gradita” 3 per soprano, flauto, violino e basso continuo
NICOLA PORPORA (1686-1768)
– Concerto IV, ovvero sonata a tre in do maggiore 4 adagio, allegro, adagio, allegro
FRANCESCO MANCINI (1672-1737)
– Cantata “Dolce tiranno amore” 5 per soprano, flauto, violino e basso continuo
DOMENICO SCARLATTI (1685-1757)
– Cantata “Piangete occhi dolenti” 6 per soprano, flauto, violino e basso continuo
Esecutori
Concerto Vocale Strumentale
La Stagione Armonica
Lucia Cortese, soprano
Isobel Howard Cordone, violino
Silvia De Rosso, viola da gamba
Pietro Prosser, arciliuto
Sergio Balestracci, flauto e direzione
1 ASCANIO MAIONE, Il primo libro di ricercari a tre voci, Gio. Battista Sottile, Napoli 1606
2 NICOLA MATTEIS, Ayrs for the Violin. The first part, London 1679
3 ALESSANDRO SCARLATTI, ms, Santini Bibliothek, Münster, sec. XVIII
4 NICOLA PORPORA, Sinfonie da Camera a Tre Istromenti, London 1736
5 FRANCESCO MANCINI, ms, Bibliothèque Nationale de France, Paris sec. XVIII
6 DOMENICO SCARLATTI, ms, Österreichische Nationalbibliothek, Wien sec. XVIII
La caratteristica principale della musica napoletana del periodo barocco è la ricerca della cantabilità, non solo nelle forme vocali, ma anche nel linguaggio strumentale. Quando si parla di musica napoletana del periodo barocco ci si riferisce in genere alle due generazioni degli Scarlatti, padre e figlio. In questo caso, iniziando il nostro percorso dal primo seicento, si è voluto dare anche qualche esempio della sperimentazione musicale del secolo XVII. Ascanio Mayone, organista presso la Chiesa della Santissima Annunziata rappresenta la ricerca e l’approfondimento del contrappunto che contraddistingue i compositori di quel periodo: non è ancora la ricerca della cantabilità, quanto la padronanza della polifonia e degli strumenti che la esprimono. A metà del secolo diciassettesimo incontriamo la singolare figura di Nicola Matteis, il cui linguaggio musicale è rivolto soprattutto alla musica di danza, resa soprattutto con il violino, di cui questo maestro era virtuoso. Mentre sono scarse le notizie che si hanno sui suoi inizi, nella sua maturità Matteis fu attivo a Londra, tanto che gl’inglesi lo considerano uno dei loro più antichi compositori e, in una certa misura, anticipatore di Purcell; fin dal 1674 era attivo a Londra dove suscitò l’ammirazione stupita degli inglesi per il suo virtuosismo violinistico. Le arie di Matteis mostrano già sul violino quella ricerca del cantabile che nelle generazioni successive divenne una caratteristica inconfondibile della scuola napoletana. Di questa, tra sei e settecento, si può considerare caposcuola il palermitano Alessandro Scarlatti, che fu attivo in tutti i generi musicali e utilizzò, tra i primi, la struttura della cantata, nell’alternanza di recitativi e arie. Di questo autore, come pure del figlio Domenico, sono presenti in questo programma delle cantate profane (ma la stessa attitudine di un’espressione profonda nell’uso affettuoso dell’armonia si trova nel repertorio sacro, ad esempio nei Responsori per la Settimana Santa che la Stagione Armonica sta registrando per la Sony). Dopo la solare espressione di Alessandro, colpisce l’uso di armonie tormentate più complesse e moderne di Domenico, anch’egli, come Matteis, più noto per la sua attività musicale all’estero, particolarmente in Spagna, dove si distinse come compositore ed esecutore al clavicembalo, strumento che quest’autore riuscì a piegare ad una nuova ed inedita attitudine all’espressione melodica. Anche il napoletano Porpora, acclamato dai contemporanei, lodato dallo
stesso Haendel, in deroga alle sue abitudini verso i colleghi, fu attivo in diverse sedi musicali europee in cui la sensibilità partenopea si era ormai affermata alla metà del secolo XVIII. Infine, Francesco Mancini, direttore della Cappella Reale e organista, fu autore di numerose opere teatrali, come pure di oratori sacri, senza trascurare il repertorio strumentale (compose diversi concerti per flauto per il console inglese, residente a Napoli, dilettante dello strumento).
Raramente, nella storia della musica si sono create delle condizioni così ideali per l’espressione musicale, come nella Napoli settecentesca, tanto che diversi brani di quel fepertorio furono pubblicati e ascoltati per molto tempo. Ancora nei primi anni dell’ottocento a Parigi, si usava una raccolta di musiche napoletane intitolata Solfèges d’Italie non solo per insegnare agli allievi di musica la teoria, ma anche per educare il gusto.
Sergio Balestracci